Abbazia di San Giusto

I primi documenti che parlano di San Giusto risalgono al XIII sec.: ciò nonostante quasi tutti gli storici dell’arte concordano con una datazione più precoce e retrocedono l’edificazione della chiesa all’interno del XII sec. La tradizione popolare, solitamente accolta dagli studiosi ma non suffragata da documenti vuole che S.Giusto sia stata per molto tempo sede monastica addirittura abbazia. Decimari pontifici del XIII e XIV secolo permettono d’ipotizzare che per un certo periodo sia stata canonica. Nel 1373 aveva ancora il titolo di prioria, già restaurata una prima volta nel 1200 è di nuovo è in cattive condizioni: il rettore Tegghia di Tegghia riferisce al vescovo di non avere un luogo sicuro per poter tenere il Santissimo e gli olii santi e elenca un ridottissimo numero di arredi e paramenti unico tesoro della chiesa: un calice tutto in argento con smalti nel nodo, una pianeta di seta rossa; una croce antica con crocifisso in ottone; un camice con stola e amitto; 4 tovaglie.

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Nella visita del 1535 è citata come Sancto Iusto de Poggiolo; nel 1582 il supervisore apostolico riferisce che l’oratorio sottostante alla cura del Granduca è praticamente diroccato e dispone che sia restaurato .Per un certo periodo, dai documenti non si ricava con esattezza, la chiesa fu unita al monastero di Monte domini a Firenze, rimanendo comunque sub patrocinio et gubernio seenissimi magni ducis. La vita pastorale del 1603 descrive il pavimento in lastre di pietra: il tetto è in cattive condizioni di nuovo. Nell’oratorio un sacerdote stipendiato dal granduca officiava di tanto in tanto sull’Altar maggiore mentre gli altari delle absidiole laterali erano in uno stato d’indecenza. Per il resto del tempo la chiesa rimaneva chiusa ed i paramenti erano conservati in una casa attigua.

Nel 1725 San Giusto era in buone condizioni e ad officiare era il parroco di Verghereto.

L’edificio pero’ nel corso del secolo venne abbandonato e in breve tempo si ridusse allo stato di rudere: con il crollo del tetto sulla navata e di parte del muro sulla parete destra. Nell’ultimo quarto dell’ Ottocento fu apportato un consolidamento delle parti residue e il campanile fu sbassato e tamponato, per problemi statici. Nell’immediato dopoguerra per consentire una riapertura della chiesa al culto  fu avviato un restauro complessivo: fu rifatto il tetto e ripristinata parte della muratura esterna e di alcuni elementi interni.
Di nuovo abbandonata ed in pericoloso stato di incuria è stata recentemente messa in sicurezza dalla Soprintendenza competente.
La costruzione prese molto probabilmente avvio dalla zona absidale:l’esecuzione è raffinata e palesa la presenza di maestranze altamente qualificate. I blocchi utilizzati sono perfettamente squadrati e piuttosto grandi Una decorazione con sottili linee di rilievo rende alcune zone più vibranti. La copertura conica è una aggiunta Due Trecentesca. Il doppio ordine delle monofore, che ritroviamo anche nella sottostante cripta, serve per dar luce alla chiesa.
Alle stesse perite maestranza che edificarono la parte absidale si debbono anche la cripta triabsidata l’unica documentabile nel territorio e la stretta e alta navata.
In angolo col fianco della navata si apre nel transetto il portale d’accesso alla cripta alla quale si accede solo dall’esterno, sormontato da un archivolto in pietra ad arco rialzato.

SMARTARC: SAN GIUSTO AL PINONE - UNA CHIESA MEDIEVALE SUL MONTALBANO



La cripta attuale è frutto di un intervento forse duecentesco: le coperture sono state rifatte dando luogo a crociere molto rozze e pesanti sovrapposte alla struttura originaria sorretta da pilastri quadrangolari di dimensioni differenti e al centro dell’abside maggiore da una colonna corta con basamento e abaco tabulare
In quello che resta della struttura più antica delle absidi e sulle pareti originali laterali si trovano semicolonne: due ai lati di ogni monofora, le più con fusto scanalato. Nella absidiola di sinistra le due semicolonne hanno capitelli arcaici che recano semplici decorazioni incise: su una foglie di felce; sull’altra un fiore a tre petali.
Di fianco all’apertura della cripta, sulla parete destra della chiesa una apertura simile alla prima di poco più grande conduce alla chiesa. Il portale è stato più volte rimaneggiato e restaurato e conserva solo nella parte inferiore il paramento originario. Anche la parete destra del transetto è stata in parte rifatta nel Duecento.
Il fianco sinistra conserva invece buona parte del paramento del XII sec. Con alcuni blocchi monumentali di taglio accuratissimo. La zona superiore ha subito alcuni interventi successivi.

Tra la parete ed il transetto ma staccato si erge il campanile in forma di possente parallelepipedo la cui cella fu tamponato nell’Ottocento, accentuando oltre modo l’aspetto massiccio di torrione. Fu probabilmente realizzato successivamente alla chiesa probabilmente nel XIII sec.: il rivestimento esterno in filaretto risulta meno accurato con bozze di dimensioni più piccole; vi si poteva accedere dal transetto con un collegamento in quota.
La parete sinistra del transetto è ottenuta con sovrapposizione di pietre belle e regolari che conservano fino ad una certa altezza una elegante lavorazione a sottili fasce orizzontali in modesto rilievo. La lavorazione è tanto accurata da lasciar supporre una esecuzione in corso d’opera.
Al di sopra di queste pietre il paramento si fa via via che si sale sempre meno accurato fino a una cornice che segna l’imposta di quelle che dovevano essere le coperture del XII sec. Probabilmente rialzate dopo crollo avvenuto nel XIII. Sec. che danneggiò gravemente la chiesa. Sopra questa linea la parete è rivestita di piccole pietre forse lastre di copertura recuperate dal precedente tetto.

La stretta facciata è realizzata a blocchi regolari- che vanno diminuendo via via che la costruzione sale- e giunti di malta sottilissimi. Al centro il portale, sovrastato da un elegante archivolto e da una biforetta con parapetto aggettante in asse all’archivolto: entrambi decorati con un elegante gioco cromatico di ispirazione chiaramente pisano pistoiese del marmo bianco e serpentino (il cosiddetto verde di Prato).
All’interno tre gradini ci separano dall’alta e lunga navata, che assieme al transetto, rialzato sulla cripta, probabilmente in un secondo momento, tradisce evidenti influssi dell’architettura romanica provenzale e spagnola e di quella beneddita cluniacense.
La suggestione dell’ambiente era accentuata dalla mancanza di arredi e paramenti alle pareti spoglie e senza intonaco e soprattutto dalla luce che entra dalle monofore dietro l’abside creando un effetto prospettico di allontanamento dalla parte centrale dell’abside, nella quale trovava alloggio l’altare principale La copertura a botte che è ancora visibile nella parte finale della navata, quella più vicina al transetto, proseguiva in origine fino alla facciata come mostra la cornice di imposta sulla parete sinistra, quella di destra è un rifacimento moderno.


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Il I ed il II arco trasversali dopo la facciata ed i pilastri su cui poggiano sono evidenti invenzioni dei restauri del dopoguerra. Per i pilastri ci si è voluti invece inspirare a quelli antichi e originali che precedono il transetto. Le colonne antiche originale conservano capitelli stilizzati e arcaici ma eleganti decorati con fogliette angolari piegate a voluta di chiara derivazione classicheggiante uniti a piccoli elementi geometrici a stampella.
Lo spazio davanti all’abside centrale è coperto da volta a botte; nelle absidiole laterali che la fiancheggiano separate da questa da archi di valico abbiamo invece coperture a crociera: quella di sinistra medievale, quella di destra è una volterrana di mattoni rifacimento Sette-ottocentesco l’abside maggiore è introdotto da un arcone a doppia ghiera (doppio archivolto) mentre le due absidi laterali sono introdotte da un solo arco a filo di parete.
Il pavimento prima in lastre di pietra era stato ripristinato in buona parte con l’utilizzo del cocciopesto.